TRIESTE – È mancato l’altro ieri l’ex presidente del porto di Capodistria, Bruno Korelic.
La sua figura resterà indissolubilmente legata alla nascita della versione “moderna” dello scalo sloveno, del quale è stato alla guida dal 1977 al 2005.
L’inizio della sua presidenza era coincisa con difficoltà finanziarie e gestionali, combattute con una visione manageriale che aveva dovuto fare i conti con le inevitabili ingerenze politiche.
Korelic era bene conosciuto anche negli ambienti portuali triestini perchè protagonista, proprio attraverso Luka Koper, di quella che sembrava essere la soluzione per il rilancio del Molo VII (terminal container), che vedeva proprio nella società slovena un possibile gestore di lunga durata.
Tra le questioni legate allo scalo sloveno, invece, si ricorda la sua proposta – messa in atto solo in questi ultimi anni con il pprogetto in fase di ultimazione – di una nuova linea ferroviaria a supporto dei traffici marittimi.
Tra le teorie care all’ex presidente, anche quella di un’integrazione tra i porti del Nord Adriatico e in particolare fra Trieste e Capodistria.
Teoria portata avanti anche dall’ex presidente del porto di Trieste – e noto giurista – Maurizio Maresca.
Professor Maresca, chi è stato Bruno Korelic per la portualità del Nord Adriatico e di Capodistria in particolare?
«È stato il fondatore del porto di Capodistria e colui che ha pensato a una portualità integrata nel Nord Adriatico».
Korelic voleva la collaborazione tra i porti di Trieste, Capodistria e Monfalcone. È ancora attuale questo tipo di proposta, mentre prevale la logica della competizione, comprendendo anche lo scalo di Fiume?
«Specialmente ora, dove le difficoltà sono ancora maggiori, è necessario un unico porto dove le principali compagnie si impegnino in modo coordinato. Ma è qualcosa che va costruito».
Quale strada bisognerebbe seguire per un’integrazione tra i porti del Nord Adriatico, al di là dei buoni propositi del Napa?
«Secondo Korelic, proprio agli inizi degli anni 2000 bisognava creare un’unica Autorità Portuale. E condizioni identiche in tutti i porti, sia per i servizi portuali che per la fiscalità. E poi infrastrutture integrate. Solo in questo modo, per la clientela diventerebbe indifferente servirsi di uno o dell’altro porto. Altrimenti è ovvio che non c’è un sistema. Il vero ragionamento di Korelic era: mettiamoci lì a scrivere le regole di questo sistema, che deve essere internazionale. Ricordiamoci che allora i tre Paesi non facevano parte dell’Ue, oggi sarebbe sufficiente un patto, magari coinvolgendo Austria e Germania e Ungheria o addirittura Serbia. Un accordo di cooperazione rafforzata. In realtà è quello che si era provato a fare con l’Accordo di Parigi per il Porto Franco di Trieste».