TRIESTE – Il Ministro Urso lancia la sfida per un Corridoio fra Ucraina e porti di Trieste e Venezia: gli operatori segnalano le criticità, già individuate dalla Commissione UE.
A Trieste e Venezia sembrano tutti (operatori e istituzioni) abbastanza d’accordo sul fatto che il Corridoio fra Alto Adriatico e Ucraina sia un’opportunità consistente per il territorio. «Ricostruzione ma non solo» ha detto ieri a Verona il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Serve lavorare da subito per garantire il traffico di creali bloccato dalla guerra con la Russia. Ma sull’operatività a breve e medio termine (posto che nessuno sa quando finirà la guerra in corso), iniziano a fioccare i quesiti per non lasciarsi scappare l’occasione.

Stefano Visintin, appena rieletto alla presidenza dell'Associazione spedizionieri di Trieste.

Stefano Visintin, presidente Confetra FVG.

«Credo che si debba innanzitutto stabilire quale sia il ruolo del sistema portuale di Trieste e Monfalcone nell’ambito dei “corridoi di solidarietà UE-Ucraina”, che sono stati promossi dalla Commissione Europea per agevolare la spedizione dei prodotti agricoli dall’Ucraina verso i paesi più poveri del mondo, ma anche gli scambi bilaterali di merci fra l’Ucraina e l’UE» spiega Stefano Visintin, presidente di Confetra Friuli Venezia Giulia.
«Creare dei nuovi corridoi che sostituiscano i porti ucraini non è semplice e la stessa Commissione Europea – prosegue Visintin – con la comunicazione al Parlamento europeo del maggio 2022 individua le strozzature principali». Il presidente Confetra si riferisce innanzitutto al trasporto ferroviario difficoltoso (l’Ucraina utilizza uno scartamento dei binari di 1.520 mm, mentre lo scartamento standard dell’UE è di 1.435 mm). Ma non solo.
«L’attuale capacità di trasbordo è altamente insufficiente e non adatta alla gestione di volumi considerevoli di merci, è inoltre dispendioso in termini di tempo e richiede macchinari appositi – prosegue Visintin – che possono non essere presenti in numero sufficiente nei punti di trasbordo. Teniamo presente che per il trasporto di cereali devono essere impiegati carri ferroviari a tramoggia, la cui disponibilità è limitata».
Visintin sostiene che nel tempo necessario ad organizzare nuovi centri di trasbordo e potenziare quelli esistenti, vanno trovate soluzioni di emergenza per ridurre tempi e i costi, agevolare l’utilizzo del camion e implementare l’intermodalità con container modificati per il trasporto di cereali.
«Il porto di Trieste ed il suo regime particolare di Porto franco potrebbero favorire la creazione di corridoi per le merci destinate a paesi non comunitari. Innanzitutto per le merci in transito attraverso il territorio comunitario ma destinate al Porto franco di Trieste potrebbero essere aboliti controlli sanitari e fitosanitari, che attualmente rappresentano causa di forti rallentamenti ai confini esterni. Inoltre i camion ucraini destinati al Porto franco di Trieste – segnala ancora Visintin – potrebbero circolare sulla tratta dal confine italiano al porto con i permessi di transito emessi dall’Autorità di Sistema Portuale, sul modello ideato per i camion turchi, senza bisogno di utilizzare i permessi di trasporto bilaterali. Va da sé che, per far fronte ad una così grande mole di lavoro addizionale, è indispensabile un potenziamento del personale degli enti di controllo e dell’amministrazione doganale presso la circoscrizione portuale, già attualmente insufficienti a far fronte picchi di traffico».

Antonio Barbara, amministratore delegato di HHLA Plt Italy.

Antonio Barbara, amministratore delegato di HHLA Plt Italy.

Positivo, ma non senza alcune perplessità, anche l’atteggiamento di Antonio Barbara, amministratore delegato di HHLA Plt Italy, la Piattaforma logistica che sembra essere il terminal più indicato – oltre al porto di Monfalcone – per accogliere il traffico dall’Ucraina.
«Abbiamo sempre creduto nel ruolo strategico del porto di Trieste e per primi, in una logica di gruppo europeo, siamo partiti con operazioni concrete per mantenere attivo il collegamento tra Europa ed Ucraina. Il treno da e per l’Ucraina che arriva al nostro terminal per favorirne il rilancio marittimo su più destinazioni o da più provenienze ne è la dimostrazione. Il porto di Trieste – afferma Barbara – è in posizione strategica eccezionale, e questo non è sfuggito al Ministro. Tuttavia, per essere pronti alla crescita ed alla sfida anche connessa alla ricostruzione, il porto deve essere in grado potenziare velocemente tutti i servizi accessori al flusso della merce».
Con quali criticità, in particolare? «Parliamo, ad esempio, di strutture e funzionari addetti al controllo delle merci. La merce cerca sempre la strada più breve e veloce. Si dovrebbero poter garantire i dovuti controlli in un’ottica 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana, senza caricare di costi e tempi la merce. Parliamo anche dell’infrastrutturazione del porto – spiega Barbara – che deve procedere con la speditezza del privato ma con il necessario fondamentale supporto dello Stato e delle sue amministrazioni».

Il documento della Commissione UE

Nella comunicazione dello scorso maggio da parte della Commissione europea al Parlamento europeo, si dettagliano i principi da seguire per un Piano d’azione per l’istituzione di corridoi di solidarietà UE-Ucraina. L’obiettivo è quello di agevolare le esportazioni agricole dell’Ucraina e gli scambi bilaterali con l’UE.

Innanzitutto, si segnala come le esportazioni ucraine siano state fortemente limitate a causa del blocco dei porti del Mar Nero da parte della Marina russa: prima della guerra tali porti rappresentavano il 90 % delle esportazioni di cereali e semi oleosi. L’invasione russa sta avendo conseguenze gravi sui mercati alimentari mondiali. In circostanze normali, il 75% della produzione ucraina di cereali veniva esportato, generando circa il 20% dei proventi nazionali annui da esportazioni. Circa un terzo delle esportazioni è destinato all’Europa, alla Cina e all’Africa.

Secondo la Commissione Ue, “… è urgentemente necessario creare rotte logistiche alternative utilizzando tutti i modi di trasporto per collegare l’UE all’Ucraina, in attesa del ripristino dell’accesso dell’Ucraina alle rotte del Mar Nero. Ciò implica il potenziamento e lo sviluppo dei corrispondenti servizi di trasporto merci lungo tali rotte logistiche che collegano l’Ucraina ai porti marittimi dell’UE, dove le merci possono poi essere spedite o anche eventualmente stoccate. Ciò è fondamentale non solo per gli agricoltori ucraini, ma anche per i consumatori dell’UE e del resto del mondo”.

“Pur non potendo sostituire gli accordi commerciali tra gli operatori dell’UE e i venditori ucraini di cereali, la Commissione europea può contribuire ad agevolare il coordinamento tra i portatori di interessi e le autorità competenti. Le misure a breve termine devono sbloccare il potenziale logistico esistente, mentre ulteriori azioni a medio e lungo termine dovrebbero fungere da motori del commercio post-bellico dell’Ucraina e sostenere la ricostruzione del paese” si legge ancora nel documento.

Interessante anche la parte dedicata alla questione doganale e più in generale alla burocrazia. “Appare pertanto urgente stabilire quali regimi doganali non siano essenziali e possano essere semplificati e valutare dove sia necessaria una capacità supplementare. La legislazione dell’UE non prevede alcuna certificazione veterinaria o fitosanitaria né per le importazioni di cereali né per il transito attraverso l’UE. Nell’ambito di un programma nazionale di controllo gli Stati membri possono prelevare campioni per verificare la conformità ai requisiti dell’UE a livello sia delle importazioni che del mercato nazionale. Tali controlli devono tuttavia essere basati sul rischio, proporzionati e non discriminatori. Attualmente tali controlli possono richiedere fino a diversi giorni e possono differire da un valico di frontiera all’altro e da uno Stato membro all’altro. I ritardi non solo impediscono la rapida spedizione delle merci, ma comportano anche costi aggiuntivi per gli operatori commerciali e gli operatori dei trasporti”.
Si segnala, inoltre, che non tutti i valichi di frontiera sono dotati del personale necessario per gestire i carri ferroviari in entrata 24 ore su 24, sette giorni su sette. Il miglioramento della capacità per le procedure di controllo e ispezione, una relativa applicazione più proporzionata o l’esonero dalle stesse grazie a una migliore comprensione delle norme applicabili accelererebbe notevolmente le procedure. “È pertanto anche necessario che gli Stati membri garantiscano una presenza adeguata di agenti ai posti di frontiera per accelerare tutti i controlli in vigore e fornire servizi 24 ore su 24 a tutti i valichi di frontiera pertinenti. Inoltre i controlli e le ispezioni dovrebbero essere effettuati in luoghi diversi dalla frontiera (ad esempio nei porti marittimi o a destinazione)”.
Sempre secondo la Commissione UE, lo stesso approccio deve essere promosso nei porti in cui i controlli amministrativi, frontalieri e doganali o lo sdoganamento dovrebbero essere effettuati rapidamente per ridurre al minimo il tempo di sosta del materiale rotabile nell’area portuale. “La Commissione incoraggia un’ulteriore semplificazione delle procedure relative al rilascio dei certificati di esportazione necessari in Ucraina. Una razionalizzazione di tali procedure contribuirebbe a evitare l’accumulo di ritardi nel trasporto di cereali in uscita dall’Ucraina”.