TRIESTE – Il porto di Trieste ha bisogno di spazio e alcuni magazzini, testimoni del passato più che utili al futuro, vanno abbattuti prima possibile.
È questo il concetto che sta guidando l’Autorità di sistema portuale lungo una strada che gli operatori hanno proposto di seguire già da tempo. Ma non si tratta di un percorso breve, spiega il Commissario dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, Vittorio Torbianelli, che nelle scorse settimane ha dato ordine di pubblicare la delibera che dà inizio alle procedure per la demolizione dei magazzini 70 e 72, situati nel retrobanchina tra il Molo VI e il Molo VII.
Si tratta di un iter complesso perché sui due manufatti insiste la concessione a Meridian Parco Energia che sul tetto ci ha messo un impianto fotovoltaico. Una concessione che scade nel 2031 e per la quale, se si vuole demolire, bisognerà trovare un accordo. L’Authority, anche se non ci sono conferme ufficiali, sembra aver già intrapreso questa strada, anche valutando una ricollocazione dell’impianto.
Stessa sorte, cioè quella demolizione, potrebbero seguire altri magazzini del Porto nuovo, concepiti per uno stoccaggio delle merci che oggi non esiste più (se non in minima parte) e con misure di accesso e caratteristiche lontane dalle attuali esigenze di chi porta avanti traffici commerciali.

«Il futuro dei porti è nell’ottimizzazione della produttività degli spazi. La disponibilità di spazio – spiega il Commissario Torbianelli – rimane sempre un valore. A questo proposito, l’utilizzo della ferrovia è un forte aiuto in questo senso. Nel porto di Trieste si tratta di una sfida importante. È iniziata una valutazione complessiva, non è detto che si dia inizio all procedura di demolizione per tutti i magazzini. Ma è importante che ci sia una cornice chiara dentro alla quale operare».
Un passaggio fondamentale quindi, riguarda l’autorizzazione del Demanio per manufatti che passano per una valutazione di interesse pubblico. Per i magazzini che si dovesse decidere di abbattere andrà dimostrato, dopo averne stabilito il valore, che l’abbattimento stesso viene effettuato per creare altro valore.
Il magazzino 49 (nei pressi del Varco 1 di Riva Traiana, alle spalle del Molo V) ha seguito la stessa sorte, sempre con il problema legato all’impianto fotovoltaico sul tetto. Una volta raggiunto l’accordo con il concessionario, il manufatto è in corso di demolizione.
Più complesso sarà l’iter per i magazzini 69 e 71 (adiacenti al 70 e al 72) sul frontemare, perché sottoposti a vicolo. Sono invece in corso verifica, proprio con la Sovrintendenza belle arti e paesaggio, gli eventuali vincoli per i magazzini 51, 53 e 55: i primi due sul Molo V, il terzo sul frontemare tra il Molo V e il Molo VI.

Non di poco conto anche la questione economica, se si pensa che solo per il Magazzino 70 (poco più di 4200 metri quadrati), i costi di demolizione ammonterebbero a circa 4,1 milioni di euro.
Del resto, gli interventi rientrano nell’obiettivo del Piano regolatore del porto, e in particolare nella “Riorganizzazione e sviluppo del porto operativo – Consolidamento e rilancio del ruolo di HUB del Nord Adriatico del Porto di Trieste al quale corrisponde l’obiettivo specifico di Potenziamento della funzione portuale commerciale e della funzione portuale passeggeri – Traghetti passeggeri e merci”.
Sempre per quanto relativo ai due manufatti oggetto dell’ultima delibera, inoltre, è stato considerato che la loro demolizione porterebbe svariati benefici dal punto di vista della sicurezza della viabilità e degli aspetti logistici. In particolare, al momento il magazzino 70 versa in uno stato di profondo degrado e, a causa del rischio di distacco di elementi architettonici e di arredo pericolanti dai piani, è oggetto (già da dicembre del 2020) di un’ordinanza di parziale interdizione all’accesso e all’utilizzo.
Conseguentemente, per motivi di sicurezza, sono stati interdetti anche il parcheggio in adiacenza alla banchina di carico e scarico.
La demolizione dei magazzini 70 e 72 permetterebbe, oltre alla drastica riduzione dei rischi, di riconquistare un’ampia superficie da destinare alla realizzazione di volumi e spazi operativi da dedicare ad attività di sviluppo portuale, adatti a sostenere la richiesta conseguente all’aumento dei traffici e sfruttando la posizione strategica
all’interno del Punto Franco Nuovo, ma anche l’adiacenza al sedime ferroviario.