TRIESTE – Oscar Zabai, presidente di Autamarocchi, suggerisce nuovi ingressi di lavoratori stranieri per l’emergenza autisti, ma soprattutto politiche più previdenti per la formazione dei giovani italiani ed europei.
Dopo l’allarme della Cgia di Mestre, è tornato alla ribalta il tema dei professionisti alla guida dei camion, con nuovi scenari prospettati nei prossimi anni. Dalla carenza di autisti al ruolo che il trasporto via gomma sarà chiamato a recitare nell’ambito della logistica nazionale ed europea.

Presidente Zabai, mancano autisti per i camion e non è una novità. Come vive questa situazione Autamarocchi, uno dei maggiori trasportatori italiani?
«Se ne parla da tempo della carenza di autisti; quello dei lavoratori qualificati è il problema che impatta sicuramente su quasi tutti i settori produttivi, anche su un operatore logistico come Autamarocchi che ha, come prima base di produzione, oltre 700 autisti. Tutti dipendenti diretti. Gli autisti mancano e soprattutto mancano in tutta Europa, già da molti anni. Le prospettive per il futuro sono piuttosto fosche. Se già oggi il problema è serissimo, fra qualche anno, complice l’età media dei conducenti e la disaffezione dei giovani verso il settore, assisteremo ad un disastro annunciato per l’intera filiera con gravi ripercussioni sull’industria e quindi sui consumi».

L’ultimo studio della Cgia di Mestre delinea, per l’appunto, uno scenario ancora peggiore, non appena la carenza sarà acuita dai pensionamenti dei prossimi anni. Come si pensa di affrontare questo dettaglio del problema?
«In questo contesto assistiamo ad un incremento significativo dell’età media degli autisti, che si colloca oltre i 50 anni; facile prevedere che la loro uscita dal mondo del lavoro aggraverà la situazione. Anzi, non occorre aspettare anni, il fenomeno è già in atto. Il conseguimento delle patenti C e poi CE e del CQC (Certificato di qualificazione professionale, ndr) richiede un percorso lunghissimo, impegnativo, soprattutto costoso, anche considerando i contributi statali e regionali, incompatibile con le necessità di un lavoratore disoccupato. Il legislatore europeo ed i Governi nazionali hanno cercato, anche se con colpevole ritardo, di favorire l’ingresso al mestiere abbassando l’età minima a 18 anni e promettendo contributi alle spese per conseguire la patente per mezzi pesanti; è una iniziativa lodevole, sicuramente interessante. Sarebbe ancora più efficace se l’abilitazione CQC venisse conseguita sui banchi di scuola perché l’esame non è banale».

Molto spesso i commenti, soprattutto dei non addetti ai lavori, si soffermano sulle retribuzioni insufficienti come causa principale della carenza di autisti. È proprio così?
«Certamente non è un problema di remunerazione, anzi il costo del personale viaggiante ha raggiunto valori pari a quello dei quadri aziendali. Gli autisti mancano, questo è il punto di partenza, e mancano perché la Ue ed i Governi nazionali non hanno affrontato, o non hanno voluto affrontare, per diverse ragioni, il problema della carenza, prima che diventasse grave. In passato, il servizio militare formò tantissimi autisti, ora non c’è alcun istituto professionale che preveda questo percorso di studio. C’è solo l’iniziativa del singolo individuo che, come ho già detto, implica un percorso costoso e lungo che, anche coi contributi attuali, non sarebbe sostenibile da persone con famiglia sulle spalle».

In sostanza, perché non si trovano autisti per i camion, anche stranieri, e cosa bisognerebbe fare per affrontare adeguatamente la tematica?
«Comincerei con l’additare le campagne denigratorie verso il settore, anche per le politiche green che ne hanno minato l’appeal. Eppure il comfort a bordo è notevole e la tecnologia è oggi talmente spinta che affascinerebbe i giovani. Le motrici nelle versioni di categoria Euro VI hanno emissioni talmente controllate che risultano in termini di NOx e PMx inferiori a quelle di gran parte del parco auto circolante in Italia. Ad ogni modo, sulla tematica influisce certamente anche il calo demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione, quindi il ricorso all’immigrazione è fondamentale, non è una brutta parola, ma una realtà che viviamo da tempo. Inizialmente, appena dopo l’anno 2000, furono gli autisti già formati e patentati dei Paesi che entrarono nella UE, allargata ad Est, a colmare le necessità del settore in tutta Europa. Quei Paesi avevano le scuole che formavano autisti con un’alta professionalità. Nel tempo però, l’incremento del reddito ha di molto rallentato questo flusso migratorio intraUe, che oggi è insufficiente a compensare le uscite per i limiti d’età. Dobbiamo così ricorrere a professionisti oltre i confini della Ue, ma questo cozza contro le politiche dell’immigrazione, condizionate da quell’enorme flusso di immigrati, non qualificati, che impattano sull’opinione pubblica».

Ma il “Decreto flussi” che ogni anno la Presidenza del Consiglio emana, non ha alleviato il problema?
«Nel “Decreto flussi”, dal 2020, è stato finalmente inserito nelle quote anche l’autotrasporto conto terzi. I 25.000 previsti ingressi, inspiegabilmente, valgono per un insieme disomogeneo di settori che, oltre al nostro, vanno dall’edilizia al turistico-alberghiero, a quello della meccanica, dell’alimentare, della cantieristica navale ed altre. Nulla ad hoc per i settori che richiedono personale altamente specializzato. Dal 2020 l’autotrasporto s’è visto assegnare le briciole, a differenza di altri settori dove peraltro il lavoro è molto deregolamentato. Autorizzare un contingente di lavoratori stranieri mirato per l’autotrasporto, così come per altre categorie fondamentali per la nostra economia, allineato nelle quantità alla effettiva necessità, sarebbe una soluzione con effetti rapidi, anche se mi duole ricordare che l’iter è molto lungo. Una Direttiva comunitaria, infatti, prevede che il candidato dimostri il possesso di qualificazione CQC, che nei Paesi extra Ue non esiste. Certamente esistono abilitazioni simili che la UE non riconosce, come invece dovrebbe, perché un’azienda come la nostra selezionerebbe solamente personale qualificato».

Cosa sta facendo il Governo italiano per incentivare l’accesso alla professione di autista di mezzi pesanti?
«Il Governo, ma anche le singole Regioni, stanno cercando di affrontare il problema assegnando contributi, anche importanti, per il conseguimento delle patenti, ma non vedo politiche intese a favorire la formazione dei giovani già a livello scolastico, ad esempio per conseguire la CQC. Sono attività che dovrebbero essere tutte promosse prima che quel giovane diventi un disoccupato: poi diventa tardi, perché le necessità della vita lo spingeranno verso qualsiasi lavoro, anche dequalificato, purché gli dia un reddito».

Com’è la situazione nel resto d’Europa e come si stanno affrontando i problemi?
«Premesso che nel trasporto internazionale le remunerazioni nette degli autisti, per intuibili ragioni, sono pressoché allineate, in effetti c’è una Europa a due marce che vede nei Paesi occidentali la costante riduzione delle imprese di autotrasporto. E questo sia per il problema della reperibilità degli autisti che per l’elevato costo del lavoro, dovuto all’incidenza degli oneri sociali e imposte, mentre le aziende di trasporto dell’Est sono favorite da una paga base ridotta, avendo così la possibilità di compensare la differenza remunerativa con le indennità di trasferta che sono detassate. Di fatto attuano una scorretta politica di cottimo. Il CCNL nazionale del settore non lascia spazio alla premialità, ne consegue che il costo per l’azienda italiana è il secondo d’Europa ma, per l’incidenza di contributi e imposte, le retribuzioni nette che percepiscono gli autisti assunti in Italia non sono le seconde d’Europa! Il risultato? La crescita ad Est di grandi aziende di autotrasporto, proprio sui presupposti della disponibilità di autisti e del loro minore costo. È evidente che il “focus” autisti è veramente determinate e condizionante per l’economia del nostro Paese. In questo senso, per la crescente carenza d’offerta, per i motivi sopra elencati, Confindustria dovrebbe essere più attenta alle problematiche che la investiranno nel prossimo futuro».