TRIESTE – Un nuovo cronoprogramma, il progetto ambientale e poi quello civile per tentare di rispettare la scadenza del 2028 per l’operatività.
Questa la sintesi dell’incontro tenutosi la scorsa settimana a Roma al ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di sbloccare l’iter che porterà alla realizzazione del terminal multipurpose di Adria Port (società di diritto ungherese), nella parte più meridionale del porto d Trieste.
Nessuna dichiarazione ufficiale, né da parte dei ministeri (coinvolto con il viceministro Edoardo Rixi anche quello delle Infrastrutture e Trasporti), né da parte della società che attende l’evolversi dell’iter burocratico per dare inizio ai lavori.
Fonti riservate hanno però confermato ad Adriaports che l’incontro si è rivelato senz’altro un passo avanti, anche se non risolutivo, per la procedura che consentirà allo Stato ungherese di investire circa 200 milioni di euro.
Sarà ora la volta del progetto ambientale, per il quale si prevede di avere una versione concettuale entro maggio, con relativo tavolo tecnico. Poi si potrà procedere con la progettazione civile, nella quale sarà integrato il progetto ambientale definitivo.
Finora l’iter stava vivendo una fase di stallo, mentre ora è stato concordato un cronoprogramma più preciso e Adria Port, dopo aver ricevuto almeno una parte delle autorizzazioni necessarie, potrà sviluppare il succitato progetto civile.
L’area destinata ad accogliere attività di vario genere (dal Ro-Ro ad una piccola quota di traffico containerizzato), si sviluppa su una superficie di circa 32 ettari, con 650 metri banchina e 45 milioni di intervento pubblico dal Fondo complementare al PNRR, intitolato “Banchinamento parziale del terminal Noghere (fase I secondo il PRP 2016), comprensivo di dragaggio del canale di servizio e di collegamento alla viabilità”. Lavori, in quest’ultimo caso, già iniziati.
L’investimento, descritto come strategico per il traffico merci, dovrebbe trarre linfa anche dalla ricostruzione dell’Ucraina. Lo Stato italiano ha infatti investito nel progetto italo-ucraino del Dry Port Horonda. Una parte di traffico break bulk, previsto al terminal di Adria Port, dovrebbe trovare un ruolo proprio nella ricostruzione.