TRIESTE – Anche la Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali critica pesantemente la recente riforma doganale.
Secondo Fedespedi la riforma presenta elementi che implicano un forte impatto negativo sulle attività di import e export nazionale, e sull’efficienza e la competitività del sistema logistico del Paese. Alla luce di queste ragioni, è stato fatto appello all’Agenzia delle Dogane e al ministero dell’Economia con importanti richieste di modifica sulla bozza di decreto, da apportare prima della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La posizione di Fedespedi si allinea così a quanto già richiamato all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica da parte di Confetra – Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica.
In particolare, confidando nella riapertura di un dialogo tra le istituzioni e le rappresentanze di categoria di un settore strategico per il commercio internazionale, Fedespedi ritiene necessario introdurre correttivi alla riforma.
“In riferimento al reato di contrabbando, si chiede di: alzare la soglia del livello minimo di dazi evasi per configurare la fattispecie di reato; introdurre l’istituto del ravvedimento operoso per consentire la rettifica degli errori formali compiuti in buona fede; sancire in maniera inequivocabile nella norma il principio dell’accertamento del dolo”.
Inoltre, si ritiene indispensabile rivedere la qualifica dell’Iva all’importazione.
«Senza i correttivi che insieme a Confetra chiediamo di introdurre – dichiara il presidente di Fedespedi, Alessandro Pitto – la riforma rischia di generare una distorsione dei traffici a favore degli altri Paesi europei con conseguenze anche sulla fiscalità dell’Agenzia delle Dogane di cui un terzo è sostenuta dagli incassi di dazio e Iva. Dalle nostre stime, se l’Italia perdesse anche solo il 10% dei traffici, l’Agenzia delle Dogane incasserebbe circa 2,7 miliardi di euro in meno all’anno».
«In particolare, la revisione dello schema sanzionatorio previsto dalla riforma prevede la fattispecie del reato di “contrabbando” anche in caso di semplici errori formali nelle pratiche doganali che le imprese di spedizioni internazionali svolgono al servizio del commercio internazionale, esponendo gli operatori al rischio concreto di dover intraprendere contenziosi penali e subire gravi sanzioni amministrative, tra cui la confisca dei beni e dei mezzi di trasporto. Il reato – aggiunge il vicepresidente di Fedespedi con delega customs, Domenico de Crescenzo – scatta quando l’errore compiuto genera un mancato incasso di dazio e IVA da parte dello stato superiore a 10.000 euro: è una soglia molto bassa, che si raggiunge facilmente nelle dichiarazioni doganali».